Si va in scena

Aosta è una città piccina immersa nelle montagne e abbracciata da due fiumi: la Dora Baltea, l’ultimo piccolo respiro di quel possente Ghiacciaio Balteo che ha dato vita alla nostra Valle, e il Buthier.

Aosta nasce nel 25 a.C. per volere dell’imperatore romano Augusto. Tra le sue vie, le sue strade e i suoi vicoli si nascondono ancora molte tracce di quel lontano passato, piccoli frammenti di un tempo che fu. Se si ascoltano con attenzione queste pietre si può sentire il loro sussurro: ognuna di esse ha un luogo da raccontare.

Con questa prima pagina voglio raccontarvi di uno di questi luoghi. Un luogo del cuore, per me: il Teatro Romano.

Tante volte, da ragazzina, camminavo fino al teatro e mi perdevo tra le sue pietre. Rimanevo ad ammirarlo per ore, nel silenzio, e immaginavo i passi infiniti che nel tempo sono riecheggiati tra le sue pietre. Le risa, i pianti, le risse, gli spettacoli, i baci, gli abbracci, gli sbadigli.

Il Teatro non venne costruito insieme alla città, ma qualche tempo dopo. La sua costruzione risale infatti al I secolo d.C. e per realizzarlo furono distrutti alcuni isolati (con relative insulae, cioè case, abitate, ovviamente). Il teatro di Aosta ha una particolarità: è un teatro chiuso da quattro pareti alte 22 metri e coperto da un tetto.

A dire il vero, non tutti sono concordi sulla copertura, alcuni sostengono che l’ampiezza dell’edificio sia troppo grande per poter sostenere un tetto su capriate. Eppure gli scavi archeologici hanno portato alla luce tegole e le tegole, si sa, si usano per il tetto. E poi le mura sono così spesse, perché sono così spesse se non per sostenere qualcosa di molto pesante come un tetto di tegole?

Gli spettatori si sedevano invece comodamente sui gradini in pietra della cavea, nella parte sud dell’edificio. Il teatro conteneva tre le tremila e le quattromila persone che assistevano a lunghi spettacoli, perlopiù mimi goliardici e irriverenti, commedie dove a recitare erano solo gli uomini perché la recitazione era vietata alle donne, per questo gli attori usavano maschere per interpretare i vari personaggi.

La facciata era decorata con alte statue in bronzo, se ne conservano alcuni frammenti al museo archeologico. È molto raro trovare statue in bronzo (o in metallo in generale) perché il metallo veniva rifuso e in periodo di crisi, quando servivano armi e non statue, queste ultime erano le prime ad essere sacrificate ad una maggiore utilità.

Il Teatro era sicuramente uno dei luoghi più importanti della città, uno dei luoghi più vivaci e colorati. Se vi fermate ad osservarlo potete ancora sentire il vociare delle persone, le risate e le chiacchiere. Con l’avanzare del tempo, però, perse la sua attrattiva. Soprattutto con l’avanzare del cristianesimo, in particolare dal IV secolo, il teatro inizia a svuotarsi. È un luogo di perdizione! Urlano dalle prime basiliche e così la gente smette di frequentarlo ed esso, lentamente, muore.

Nel Medioevo diventa cava di materiale. L’Impero Romano non esiste più ed è difficile reperire materiale. Le rotte commerciali sono ridotte, non scomparse, ma diventa più complicato e meno sicuro mettersi in cammino per le strade e quindi si cercano materiali più vicini. In fondo si tratta di un edificio abbandonato, che senso ha lasciarlo lì? Così alle sue pietre viene data nuova vita ed ecco che le ritroviamo nelle nuove chiese che vengono costruite in città. Compaiono, un po’ qui e un po’ là, sono materiali di buona qualità sarebbe un peccato non usarli.

Intanto le mura che ancora sono in piedi vengono sfruttate e iniziano ad appoggiarvisi nuove costruzioni. Case. Abitazioni con vista teatro, anzi proprio nel teatro.

Queste case continuano a vivere e giungono fino agli inizi del secolo scorso quando, in un’ondata di entusiasmo per l’antichità classica si decide di riportare il Teatro all’antico splendore e così iniziano i restauri e gli scavi. Le case addossate alle mura vengono buttate giù e piano piano il teatro torna a prendere forma, a riemergere dal passato. Fotografia materiale di un tempo lontano.

Ricordo che da bambina lo avevo visto sempre impalcato. Ci passavo, ogni tanto, e pensavo che sarebbe stato bello vederlo libero da quella gabbia. Venne liberato solo nel 2010 e fu per me, archeologa in erba al primo anno di università, un’emozione vera.

In questi giorni è cornice dei mercatini di Natale e lasciatemi dire che sono proprio belli.

Il passato che continua a vivere nel presente.

Per approfondire:

AA.VV., MAR Museo Archeologico Regionale. Guida Contesti Temi, Musumeci Editore, Aosta, 2014

AA.VV., Il Teatro Romano di Aosta, Collana Cadran Solaire, Aosta, 2012

Corni F., Aosta romana. Aosta ville romaine, Litograf srl, Rosta (TO), 2014

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3 Comments

3 Commenti

  1. Paola

    Complimenti per il sito, bellissimo! ❤️

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  2. Atena

    Questo spazio è molto interessante e tu, Irene, hai un vero dono nel racconto archeologico! Penso che utilizzerò qualche articolo anche in classe con i miei alunni 😉

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    • Irene

      Che bel complimento! Grazie di cuore, onorata! ♥️

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