Quando si entra in Valle d’Aosta si viene accolti dalle meravigliose montagne. Un abbraccio protettivo quando si ritorna a casa, un abbraccio di accoglienza per chi entra per la prima volta.
Le montagne, meravigliose e affascinanti quanto crudeli se non si sa come affrontarle, se non se ne ha rispetto.
La loro vetta fu meta antica, molto più antica di quel che si pensa. Insediamenti di altura, anche oltre i 2000 metri, sono noti fin dalla Preistoria.
Ed è proprio in uno di questi che vi porta questa storia.
Ci troviamo in una delle valli laterali di questa montuosa regione. Seguendo il torrente Marmore si sale, si sale, si prosegue fino a un paese che si chiama La Magdeleine.
Bisogna proseguire, andare ancora più su, superare il bosco e si arriva ai piedi di una montagna.
Il Mont Tantané.
Quassù a circa 2440m di altezza nel 1970 è stato scoperto un sito protostorico (II Età del Ferro).
Ed eccoli, i segni di quelle che un tempo erano capanne costruite a secco. Venticinque capanne adiacenti e circa dieci metri più in basso, su un terrazzamento, un’altra trentina di capanne, testimoni di un tempo lontano a ricordarci di chi ha amato e vissuto queste montagne molto prima di noi.
Riusciamo quasi ad immaginarli, questi nostri antenati, mentre si stringono intorno al fuoco a riscaldarsi nelle giornate ventose o nelle notti di luna piena.
Oltre ai resti delle capanne anche oggetti di vita quotidiana, in ceramica e in metallo, sono stati portati alla luce e ci raccontano di cosa dovesse significare vivere in quel tempo così lontano e difficile.
Ancora una volta le fotografie materiali del tempo che fu ci permettono di ricostruire una storia speciale: la nostra Storia.
Per approfondire:
Mezzena F., Habitat protohistorique au Mont-Tantané, in Bollettino della Soprintendenza per i Beni e le Attività culturali, n 1, Aosta, 2005
Oggi facciamo di nuovo un grande salto indietro nel tempo e mentre saltiamo vediamo sotto di noi la Valle che si ricopre di verde. Spariscono i paesi, le strade, la città. Non ci sono le mura, gli edifici.
Ci sono due fiumi. La Dora e il Buthier, ancora senza nome. C’è una piana immersa nelle montagne, alte e innevate. E lì, nel mezzo, ci sono i nostri antenati che coltivano piante e allevano animali.
Siamo abituati a pensare a questo luogo come un luogo dei Romani, quasi come se prima non vi fosse nessuno, un luogo incontaminato che solo grazie ad Augusto divenne colonizzato e abitato dall’uomo.
Non fu così.
Prima dei Romani i Salassi e prima ancora popolazioni che abitavano in un territorio strategico e fertile, che intessevano legami con le popolazioni d’oltralpe, che commerciavano, che si spostavano.
Insomma, un territorio vivace e ricco.
Questi nostri antichi antenati non vivevano in città di pietra, non avevano edifici monumentali né statue. All’epoca si viveva in capanne costruite con materiale deperibile: legno, paglia, terra. Per questo facciamo fatica ad immaginarci quel tempo lontano: non ci sono resti visibili del passaggio di quegli uomini, donne e bambini.
O almeno così ci sembra.
Già, perché se si sa dove guardare, ecco che queste tracce compaiono e piano piano si riesce a ricostruire una storia che sembrava perduta. In fondo, gli archeologi servono proprio a questo, a riportare alla luce le tracce nascoste e permettere a tutti di comprenderle.
Forse non tutti sanno che circa una decina di anni fa gli archeologi hanno trovato queste tracce lontane durante i lavori per la realizzazione del parcheggio dell’ospedale in via Roma. Qui, sotto numerosi metri di terra, sono venuti alla luce frammenti di un antico insediamento. Buche di palo che permettono di ipotizzare la presenza di almeno due strutture lignee differenti. Due capanne! E poi ancora ceramica, focolari, materiale combusto.
Questi ritrovamenti si datano all’ Età del Bronzo, quindi siamo in quel periodo compreso tra il III e il II millennio a.C. Davvero tantissimo tempo fa!
Questo insediamento è probabilmente collegato a quanto rinvenuto nel corso degli scavi dell’ospedale Parini. Lì è venuto alla luce un sito davvero importantissimo, una fotografia che dalla Preistoria giunge fino al XX secolo. Un sito che con il cerchio di pietre, il guerriero celtico, le impronte dei Salassi, il cimitero romano, medievale e moderno, racconta davvero molto della nostra città.
Per questo gli scavi e ciò che hanno portato alla luce sono tanto importanti.
Questa, però, è un’altra storia.
Per approfondire:
Framarin P., De Davide C., Wicks D., Un nuovo insediamento preistorico in via Roma ad Aosta, in AA.VV., Bollettino dellaSoprintendenza per i beni e le attività culturali, Aosta, 2011
Come promesso ieri, questa sera vi racconto un’altra storia di popoli che si spostano, di scambi di cultura e di conoscenza.
Non è un racconto di fantasia, ma i protagonisti sono proprio uomini di pietra.
Sono comparsi alla fine degli anni Sessanta nella periferia occidentale di Aosta. Grosse pietre che facevano capolino dalla terra, incuriosite da quel mondo così diverso da quello che avevano conosciuto loro.
Erano rimaste sepolte quattromila anni. Molti passi avevano camminato su quei terreni divenuti strade, quartieri, case e poi asfalto, condomini.
Era cambiato tutto ma loro erano rimaste, testimonianza di un tempo lontano che tornava alla luce.
Per comprendere il loro mondo dobbiamo andare indietro fino al III millennio a.C. C’è già stata la rivoluzione neolitica, l’agricoltura e l’allevamento hanno sostituito la caccia e la raccolta e l’uomo ha iniziato a lavorare i metalli. Ci troviamo infatti nel mezzo dell’Età del Rame.
Gli abitanti della piana di Aosta hanno scelto un luogo importante, sacro. Siamo in quello che oggi è il quartiere di Saint-Martin-de-Corléans. Qui i nostri antichi antenati iniziano a scolpire enormi pietre. Realizzano figure umane, con vesti decorate, armi, lunghe sopracciglia e nasi pronunciati (immagine 1 e immagine 3).
Chi sono questi uomini di pietra? Ma poi, siamo sicuri sicuri che siano uomini? Perché non donne?
Non sappiamo chi siano. Gli uomini forse hanno le armi, le donne vesti sgargianti ma non è detto che sia così. Antichi re? Eroi? Divinità? Possiamo chiudere gli occhi e decidere noi chi vogliamo che siano. Antichi re e regine. Capi tribù.
La cosa curiosa è che le stele antropomorfe, questo il loro nome, si trovano anche al di là delle Alpi. E non sono solo simili a quelle di Aosta, alcune sono proprio uguali. Confrontate l’immagine 1, la stele a doppia spirale di Aosta, e l’immagine 2. Questa seconda stele è stata rinvenuta a Sion, in Svizzera, poco dopo il confine nella necropoli di Petit-Chasseur. Tutte e due hanno al collo la doppia spirale, un cinturone in vita e il pugnale.
Questo ci fa capire che le genti del passato vivevano in un mondo diverso dal nostro, dove non vi erano confini segnati per terra. Perlomeno, non come li conosciamo noi oggi. Non avevano macchine, aerei e non potevano comunicare con un telefono. Eppure si spostavano, si parlavano, si contaminavano a vicenda. Perché è evidente che tra i due popoli che vivevano ai due lati delle Alpi vi era un forte e stretto legame.
Questi giganti di pietra ci appaiono oggi maestosi. Ci fanno quasi paura, freddi e possenti. In verità non erano così: erano pieni di colori. Sulla loro superficie sono state infatti ritrovate alcune deboli tracce di colore.
Un sussurro di quella antica magnificenza.
Per approfondire:
AA.VV., Area Megalitica di Saint-Martin-de-Corléans. Una visione aggiornata, Regione Autonoma Valle d’Aosta, Aosta
Immagine 3, stele 31, da MAR Museo Archeologico Regionale Valle d’Aosta. Guida Contesti Temi, p. 29
Questa sera voglio raccontarvi una storia diversa. Una storia di tanto tempo fa. Chiudete gli occhi. Sentite questo suono? L’acqua scorre vigorosa, due fiumi che si baciano al centro di una Valle circondata da alte montagne innevate. Ancora senza nome.
Non ci sono case in pietra, né strade, non ci sono campi coltivati ma boschi e prati.
Ci troviamo nel mezzo di quel periodo che prende il nome di Mesolitico (X-VI millennio a.C.). L’età della pietra di mezzo. Molto prima dei Romani e molto prima dei Salassi.
La Valle è abitata da popolazioni di cacciatori-raccoglitori. Uomini e donne che si spostano, seguendo la crescita spontanea della vegetazione e il cammino degli animali.
Con il passare del tempo la gente inizia a stanziarsi in “campi-base” sul fondovalle, abitati per gran parte dell’anno dove si svolgono le attività principali della vita quotidiana. A questi si affiancano siti di altura, di montagna, in cui ci si sposta stagionalmente soprattutto per cacciare.
Ed è proprio in uno di questi siti che sono state rinvenute le tracce più antiche della Valle d’Aosta. Ci troviamo sopra i 2.200 metri, siamo sul Mont Fallère.
Qui sono stati rinvenuti alcuni oggetti risalenti a questo periodo lontano. Si tratta soprattutto di lame in quarzo ialino (cristallo di rocca). Se andate al museo archeologico le trovate nella prima vetrina. Osservandole riuscirete ad ascoltare il suono dei sussurri che raccontano di questo tempo lontano. Riuscirete a vedere le mani di genti antiche scheggiare la pietra e realizzare utensili fondamentali per la caccia. Ci sembrano così tanto lontane eppure è da lì che veniamo. Non saremmo qui ad osservare queste fotografie materiali di un tempo che fu, senza questi nostri antichi antenati.
Vi erano anche resti di selce lavorata. I manufatti in selce sono importantissimi perché ci raccontano un aspetto importante di questo tempo lontano. La selce non si trova in Valle d’Aosta. Com’è dunque arrivata fin qui? Le genti della Preistoria si spostavano. Percorrevano lunghe distanze scambiando con i popoli che incontravano manufatti e conoscenze.
Ci sembra strano, eppure era un mondo vivace di contaminazioni, di conoscenze scambiate, di culture che si mischiano. Non era un mondo statico ma ricco di colori.
Contaminazioni e scambi testimoniati anche da un altro luogo importante di Aosta, qualche millennio dopo.
Questa, però, è un’altra storia e ve la racconterò la prossima volta.
Per approfondire:
AA.VV., MAR Museo Archeologico Regionale. Guida Contesti Temi, Musumeci Editore, Aosta, 2014
Raiteri L., La ricerca sul popolamentodella Valle d’Aosta nell’Olocene antico: il sito Mesolitico di alta quota del Mont Fallère (Saint Pierre), in AA.VV., Bollettino della Soprintendenza per i beni e le attività culturali, Aosta
Lame in quarzo ialino mesolitiche (sulla destra), da MAR Museo Archeologico Regionale Valle d’Aosta. Guida Contesti Temi, p. 26