C’è stato un tempo in cui la città di Aosta non esisteva. Augusto non era ancora giunto a fondare Augusta Praetoria.
Eppure, i Romani ci hanno lasciato alcune tracce che risalgono a questo tempo. Alcune di queste le troviamo anche ad Aosta. Quando ancora Aosta non c’era.
Se passeggiate per la città odierna e percorrete l’antico Decumano questo vi condurrà alla Porta Pretoria. Oltrepassatela, uscite dall’antica città. Girate a sinistra e seguite la strada, attraversate la strada statale, tenete la sinistra e giungerete in un luogo poco noto.
La Villa romana della Consolata. Così chiamata perché è stata scavata tra gli anni ’70 e ’80 nella zona collinare della città che si chiama proprio Regione Consolata.
Questa villa risale al I sec. a. C. ed è ascrivibile all’età repubblicana (prima di Augusto, dell’impero e di Aosta), come dimostrato dall’opus reticolatum ancora ben visibile sulle murature del calidarium dell’impianto termale interno alla villa.
Questo è un dato importante perché dimostra che esistevano stretti legami tra i Romani e la popolazione locale (i Salassi) prima della fondazione della città e questo permette di sfatare quel mito che vede i Romani arrivare in Valle distruggendo e devastando senza alcun riguardo per la popolazione presente sul territorio.
Si tratta di una villa rustica, quindi alla funzione abitativa si affianca quella agricola, legata ad un podere circostante.
A pianta quadrangolare, intorno all’atrio centrale provvisto di impluvium per la raccolta dell’acqua piovana si dispongono gli ambienti dell’area abitativa: il tablinum, la sala di rappresentanza, il triclinium, la sala da pranzo dove il dominus e i suoi ospiti mangiavano comodamente sdraiati sui triclini, i cubicula, le camere da letto, gli horrea, i magazzini e la culina, la cucina che per cuocere i cibi sfruttava il praefurnio delle terme.
Già, perché questa ricca villa aveva anche un impianto termale privato, come accennato, compreso di frigidarium, tepidarium e calidarium.
La ricchezza dell’edificio, la cui complessiva grandezza possiamo solo immaginare, si nota anche dai pavimenti mosaicati del tablinum e del triclinium.
Decorazioni geometriche, semplici, ma segno di ricchezza: la decorazione a mosaico non era per tutti nell’antica Roma.
È davvero un pezzo di storia meraviglioso, una delle tante ville romane sparse nel suburbio di Aosta, tra le quali però è la meglio conservata. Presenta una particolarità rispetto alle altre case ad atrio romane: il tablinum, la sala principale, è l’unica a non essere accessibile dall’atrio.
Vorrei chiudere questa storia con una speranza: che questa villa meravigliosa possa avere la valorizzazione e il riconoscimento che merita.
Se potete, andate a visitarla.
Per approfondire:
AA.VV., MAR Museo Archeologico Regionale. Guida Contesti Temi, Musumeci Editore, Aosta, 2014
Pianta della Villa, da https://www.regione.vda.it/cultura/patrimonio/siti_archeologici/augusta_praetoria/villa_consolata/piantina_i.asp
Tanto tempo fa, quando Aosta era Augusta Prætoria, non c’era nessun luogo in città dove poter seppellire i morti.
Era vietato: si seppelliva fuori le mura, oltre il pomerium, il limite sacro della città che coincideva con le mura.
Ed ecco allora che comparvero ai lati delle strade le epigrafi funerarie, le iscrizioni che parlavano direttamente ai passanti per tramandare la memoria di chi c’era stato, di chi aveva vissuto, camminato per quelle strade, di chi aveva parlato e sussurrato tra le mura di quelle domus, di chi aveva corso, rincorso, pianto e sorriso.
Fermati, tu, passante, ascolta le mie parole, leggi di me, chi sono stato, che cosa ho fatto, come ho vissuto.
Finché ho vissuto ho guadagnato denaro né ho mai smesso di perderne. È intervenuta la morte: ora sono libero da entrambi gli sforzi.
Così ci parla Publio Vinesio Fermo nell’epigrafe conservata al museo archeologico, rinvenuta nel 1728 nei pressi dell’odierna chiesa di Saint Etienne.
I numerosi ritrovamenti di iscrizioni funerarie, nonché resti di sarcofagi, nei pressi di questa chiesa situata poco oltre la Porta Principalis Sinistra, la porta nord dell’antica città, hanno fatto a lungo credere che qui si trovasse la necropoli settentrionale.
Questa ipotesi è stata però smentita dagli incredibili ritrovamenti degli scavi per la costruzione del nuovo ospedale. La necropoli settentrionale si trova certamente lì.
Perché allora ci sono così tanti ritrovamenti a Saint Etienne?
Nel Medioevo persino le necropoli diventano luoghi in cui recuperare materiale, così ecco che le pietre delle epigrafi, o i sarcofagi, diventano utili per essere riutilizzati come coperture di tombe o per diventare lastre murarie.
Ma non vi era solo una necropoli. Anche la strada che portava alla Porta Pretoria era costellata da epigrafi. Era importante mantenere un contatto con il mondo dei vivi. Se chi cammina si ferma a leggere di me, di chi ero un tempo, allora in qualche modo continuerò a vivere. Era un modo per esorcizzare la morte, per continuare a vivere attraverso il tempo.
Ed è proprio nei pressi di questa strada che verrà costruita la prima chiesa funeraria cristiana. La basilica paleocristiana di San Lorenzo e poi, di fronte, quella di Sant’Orso.
Perché nulla nasce per caso, c’è sempre continuità, come se quel suolo utilizzato per seppellire i morti continuasse con il passare del tempo, delle epoche e della mentalità, a mantenere un significato quasi spirituale, di rispetto. Da necropoli diventa chiesa.
Accade più o meno lo stesso alla necropoli occidentale, quella fuori Porta Decumana.
Lì, ancora oggi, è possibile scendere a vedere i resti di quell’antica necropoli. Una piccola porzione di quella grande area funeraria, conservata sotto gli edifici di quello che oggi è corso Battaglione.
Necropoli romana che diventa con il tempo luogo di sepoltura cristiano.
Aosta si sta trasformando, sta diventando una città cristiana.
Siamo nel IV secolo ma questa è un’altra storia.
Per approfondire:
AA.VV., MAR Museo Archeologico Regionale. Guida Contesti Temi, Musumeci Editore, Aosta, 2014
AA.VV., Il complesso monumentale di Sant’Orso in Aosta, Collana Cadran Solaire, Aosta, 2009
Zanotto A., Histoire de la Vallée d’Aoste, Musumeci Editeur, Aosta, 1980
10.50 circa. Il sole sorge, fa capolino da dietro di lei, la Becca di Nona. I primi raggi si allineano perfettamente con il Cardo Maximus e illuminano la strada.
Aosta. Augusta Prætoria. Nasceva 2046 anni fa nel giorno del solstizio d’inverno. Il giorno del Sol Invictus quando le giornate tornano lentamente ma inesorabilmente ad allungarsi.
E io ti guardo, oggi, mia bella Aosta, mentre queste nuvole ci impediscono di vedere questa magia, frutto dell’ingegno non casuale dei Romani. Ti guardo e penso che tu sia davvero bella, con tutta questa storia che hai da raccontare.
Duemila anni impressi nelle tue pietre. Quanti passi hanno camminato sulle tue strade, quanti sguardi si sono appoggiati sulle tue mura. Quante risa hai visto, quanti abbracci, quante liti, quanti baci. Quanti amori nati e finiti. Quanta vita che ti ha attraversato.
Dal ponte romano all’Arco e poi dentro la Porta, al Teatro ancora lì, maestoso, a guardare i turisti curiosi. Il Cardo e il Decumano, divenute le vie principali del centro di oggi in cui la gente si affretta per le ultime compere natalizie. E ancora il Foro con il misterioso criptoportico e poi la cattedrale e le chiese cristiane e poi ancora oltre, nel tempo, fino alle strade e ai palazzi di oggi.
Io ti guardo mia bella Aosta e penso che tu sia davvero meravigliosa con questi duemila anni che hai sulle spalle.
Tanti auguri!
Il sole che sorge e si allinea perfettamente con il Cardo
Aosta è una città piccina immersa nelle montagne e abbracciata da due fiumi: la Dora Baltea, l’ultimo piccolo respiro di quel possente Ghiacciaio Balteo che ha dato vita alla nostra Valle, e il Buthier.
Aosta nasce nel 25 a.C. per volere dell’imperatore romano Augusto. Tra le sue vie, le sue strade e i suoi vicoli si nascondono ancora molte tracce di quel lontano passato, piccoli frammenti di un tempo che fu. Se si ascoltano con attenzione queste pietre si può sentire il loro sussurro: ognuna di esse ha un luogo da raccontare.
Con questa prima pagina voglio raccontarvi di uno di questi luoghi. Un luogo del cuore, per me: il Teatro Romano.
Tante volte, da ragazzina, camminavo fino al teatro e mi perdevo tra le sue pietre. Rimanevo ad ammirarlo per ore, nel silenzio, e immaginavo i passi infiniti che nel tempo sono riecheggiati tra le sue pietre. Le risa, i pianti, le risse, gli spettacoli, i baci, gli abbracci, gli sbadigli.
Il Teatro non venne costruito insieme alla città, ma qualche tempo dopo. La sua costruzione risale infatti al I secolo d.C. e per realizzarlo furono distrutti alcuni isolati (con relative insulae, cioè case, abitate, ovviamente). Il teatro di Aosta ha una particolarità: è un teatro chiuso da quattro pareti alte 22 metri e coperto da un tetto.
A dire il vero, non tutti sono concordi sulla copertura, alcuni sostengono che l’ampiezza dell’edificio sia troppo grande per poter sostenere un tetto su capriate. Eppure gli scavi archeologici hanno portato alla luce tegole e le tegole, si sa, si usano per il tetto. E poi le mura sono così spesse, perché sono così spesse se non per sostenere qualcosa di molto pesante come un tetto di tegole?
Gli spettatori si sedevano invece comodamente sui gradini in pietra della cavea, nella parte sud dell’edificio. Il teatro conteneva tre le tremila e le quattromila persone che assistevano a lunghi spettacoli, perlopiù mimi goliardici e irriverenti, commedie dove a recitare erano solo gli uomini perché la recitazione era vietata alle donne, per questo gli attori usavano maschere per interpretare i vari personaggi.
La facciata era decorata con alte statue in bronzo, se ne conservano alcuni frammenti al museo archeologico. È molto raro trovare statue in bronzo (o in metallo in generale) perché il metallo veniva rifuso e in periodo di crisi, quando servivano armi e non statue, queste ultime erano le prime ad essere sacrificate ad una maggiore utilità.
Il Teatro era sicuramente uno dei luoghi più importanti della città, uno dei luoghi più vivaci e colorati. Se vi fermate ad osservarlo potete ancora sentire il vociare delle persone, le risate e le chiacchiere. Con l’avanzare del tempo, però, perse la sua attrattiva. Soprattutto con l’avanzare del cristianesimo, in particolare dal IV secolo, il teatro inizia a svuotarsi. È un luogo di perdizione! Urlano dalle prime basiliche e così la gente smette di frequentarlo ed esso, lentamente, muore.
Nel Medioevo diventa cava di materiale. L’Impero Romano non esiste più ed è difficile reperire materiale. Le rotte commerciali sono ridotte, non scomparse, ma diventa più complicato e meno sicuro mettersi in cammino per le strade e quindi si cercano materiali più vicini. In fondo si tratta di un edificio abbandonato, che senso ha lasciarlo lì? Così alle sue pietre viene data nuova vita ed ecco che le ritroviamo nelle nuove chiese che vengono costruite in città. Compaiono, un po’ qui e un po’ là, sono materiali di buona qualità sarebbe un peccato non usarli.
Intanto le mura che ancora sono in piedi vengono sfruttate e iniziano ad appoggiarvisi nuove costruzioni. Case. Abitazioni con vista teatro, anzi proprio nel teatro.
Queste case continuano a vivere e giungono fino agli inizi del secolo scorso quando, in un’ondata di entusiasmo per l’antichità classica si decide di riportare il Teatro all’antico splendore e così iniziano i restauri e gli scavi. Le case addossate alle mura vengono buttate giù e piano piano il teatro torna a prendere forma, a riemergere dal passato. Fotografia materiale di un tempo lontano.
Ricordo che da bambina lo avevo visto sempre impalcato. Ci passavo, ogni tanto, e pensavo che sarebbe stato bello vederlo libero da quella gabbia. Venne liberato solo nel 2010 e fu per me, archeologa in erba al primo anno di università, un’emozione vera.
In questi giorni è cornice dei mercatini di Natale e lasciatemi dire che sono proprio belli.
Il passato che continua a vivere nel presente.
Per approfondire:
AA.VV., MAR Museo Archeologico Regionale. Guida Contesti Temi, Musumeci Editore, Aosta, 2014
AA.VV., Il Teatro Romano di Aosta, Collana Cadran Solaire, Aosta, 2012
Corni F., Aosta romana. Aosta ville romaine, Litograf srl, Rosta (TO), 2014