
I colori dei “secoli bui”
Tenetevi per mano e prendete la rincorsa che oggi facciamo un bel salto.
Voilà. Abbiamo attraversato tutta l’epoca romana per immergerci in quelli che spesso vengono chiamati erroneamente “secoli bui”. L’Impero Romano finisce, è vero. Le strade diventano pericolose, ci si chiude un po’ di più ma non si smette di viaggiare e soprattutto non si smette di contaminarsi.
Intorno al V secolo diverse popolazioni oltrepassano i valichi alpini e sconfinano nel nostro territorio. Quei colli del Piccolo (Alpis Graia) e del Gran San Bernardo (Summus Poeninus) che ancora oggi sono tanto importanti, la loro vita è lunghissima ma si tengono in forma.
Burgundi, Longobardi e Franchi. I Burgundi hanno lasciato poche tracce, ma meravigliose. Se andate al museo archeologico troverete nell’ultima sala una vetrina che contiene due oggetti preziosi: fibbie di cintura (immagine 1) decorate con lamina d’oro con motivi animalistici. Questo stile di decorazione è tipico delle popolazioni germaniche e si chiama proprio “stile animalistico”: animali che diventano nastri e si intrecciano sulla superficie da decorare. Ogni spazio deve essere decorato. Horror vacui si dice, paura del vuoto. Ed ecco che ce li possiamo quasi immaginare, questi artigiani che sapientemente lavorano il metallo e smettono di essere genti di popoli rozzi senza arte ma diventano espressione di una cultura diversa ma altrettanto meravigliosa.
Queste popolazioni sono nomadi o seminomadi. Si spostano di continuo, non possiamo dunque aspettarci che la loro cultura e la loro arte si esprimano come quelle dei romani con grandi monumenti e statue colossali. La loro cultura si esprime in oggetti minuti, facili da trasportare.
Nella stessa vetrina vi è un altro esempio di arte germanica: due pettini in osso (immagine 2). Oggetti semplici, eppure così incredibili. Non ci sembra così tanto diverso da noi chi ha posseduto questi pettini. Siamo lontani nel tempo eppure così vicini e quel mondo non ci sembra più così strano o così diverso.
La vera bellezza, però, sta nelle contaminazioni. Nel sincretismo tra culture diverse. Elementi diversi che si fondono in un tutt’uno e creano sempre qualcosa di incredibile.
Siamo giunti al 563. Arrivano i Longobardi. Occupano l’Italia e anche la nostra regione. Siamo spesso abituati a sentire questo periodo raccontato con toni catastrofici. Popolazioni che arrivano e distruggono tutto, cancellando la cultura latina e ciò che era stata. Non fu così, ovviamente. Ci furono guerre e distruzioni, certo. Ma non fu cancellato tutto. Ci fu un momento di conquista, ma dopo seguì l’integrazione dove le culture diverse che si erano incontrate iniziano a fondersi e a contaminarsi vicendevolmente. Ne troviamo un esempio sempre al museo archeologico: l’ambone (pulpito) rinvenuto nella Cattedrale di Aosta e datato tra il VII e l’VIII secolo (immagine 3). Un elemento monumentale, espressione della cultura latina, si fonde con quella tipica arte decorativa dello stile animalistico germanico: sulla superficie di pietra infatti compaiono animali che diventano nastri e corrono sulla fredda superficie a ricoprirla integralmente.
Un bellissimo esempio di culture che si incrociano, contaminano, confondono creando arte.
Per approfondire:
AA.VV., MAR Museo Archeologico Regionale. Guida Contesti Temi, Musumeci Editore, Aosta, 2014
Cerutti A. V., Le Pays de la Doire et son peuple, Musumeci Editeur, Aoste, 1995
Janin E., Le Val d’Aoste. Tradition et renouveau, Musumeci Editeur, Aoste, 1976
Zanotto A., Histoire de la Vallée d’Aoste, Musumeci Editeur, Aosta, 1980


