Il castello nella roccia

Il castello nella roccia

C’è un luogo poco fuori Aosta, lungo la strada che porta al Colle del Piccolo S. Bernardo, dove svetta un castello costruito sulla roccia.

Sembra uscito da un libro di fiabe, con quelle quattro torrette così caratteristiche ma così poco medievali.

Sì perché in origine il castello era molto diverso. Gli scavi archeologici effettuati negli ultimi anni hanno messo in luce le tracce della struttura più antica che arrivano lontano, fino al IX secolo.

Uno dei castelli più antichi della Valle d’Aosta.

A quel tempo era un edificio rettangolare, in muratura, posto sulla parte più elevata della roccia e circondato da edifici lignei.

Era un vecchio insediamento. Un castrum?

Non lo sappiamo, sappiamo però che dobbiamo aspettare fino all’XI secolo per avere la prima attestazione scritta dei signori di Saint-Pierre, il paese su cui sorge questo castello.

Nel corso degli anni e poi dei secoli passa di mano in mano. Dai De Sancto Petro, i primi signori di Saint-Pierre, ai Vuillet, dai Roncas ai Biandrate.

Ognuno di loro apporta qualche cambiamento all’edificio e ne modifica l’aspetto.

Ma per le torrette fiabesche che svettano oggi sull’alta torre bisogna aspettare il XIX secolo e gli ultimi proprietari, i Bollati, che affidano all’ingegnere Boggio il compito di rinnovare il castello.

E così è giunto fino ai giorni nostri, a osservare la Valle con la sua magnifica possenza. Oggi ospita il Museo regionale di scienze naturali Efisio Noussan e ha da poco riaperto le sue porte dopo quattordici anni di restauri.

Per approfondire:

AA.VV., Il museo regionale di Scienze naturali. Guida alla visita, Regione automa Valle d’Aosta, 2021

Tra le vie di Augusta Prætoria

Tra le vie di Augusta Prætoria

Attraversato il ponte che una volta sovrastava le acque del Buthier, a est della città, ci si trova di fronte il maestoso Arco di Augusto. Un tempo era completato da un’iscrizione in onore dell’imperatore che aveva fondato la città nel 25 a.C., sostituita a fine Ottocento da un tetto. Dell’iscrizione restano alcune lettere bronzee conservate al museo archeologico, testimoni di quell’antica grandezza.

I Romani erano molto precisi, l’arco si trova sulla stessa linea retta che idealmente lo collega al ponte e all’unica delle quattro porte della città ancora in piedi: la Porta Praetoria.

Abbassando lo sguardo ai piedi della porta è ancora visibile il livello della strada romana, circa due metri più basso dell’attuale. Se ne conservano ancora alcuni basoli, le grandi pietre quadrangolari con le quali erano ricoperte tutte le strade romane. Una volta varcata, si entrava nel cortile e possiamo ancora oggi avere una suggestione della sua antica magnificenza, con le sue torri quadrate e i tre fornici, le tre aperture: quella centrale, ampia e spaziosa, per i carri e quelle laterali, più piccole, per chi si spostava a piedi.

Appena entrati ad Augusta Praetoria ci si trovava subito a fianco del quartiere degli spettacoli. Teatro e anfiteatro occupavano infatti gli isolati nord orientali. Curioso: solitamente gli anfiteatri romani non erano mai costruiti all’interno delle mura, ma sempre all’esterno. Oggi di questo antico edificio che conteneva tra le ottomila e le diecimila persone non resta quasi nulla, ma se si bussa alle suore di San Giuseppe, ospitate nell’antico convento di Santa Caterina, sarà possibile vederne ancora qualche arcata.

Rimangono invece in piedi le vestigia del Teatro, restituite alla cittadinanza dopo lunghi anni di restauro. La facciata meridionale si impone allo sguardo con i suoi ventidue metri di altezza. Quattro mura chiudevano l’edificio e probabilmente reggevano un imponente tetto di tegole, peculiarità del teatro aostano. Ancora visibile il semicerchio della cavea: i comodi gradini in pietra da cui gli spettatori assistevano agli spettacoli, mimi irriverenti e sagaci commedie.

Se si prosegue poi lungo il Decumano Massimo, una delle due arterie dell’antica città , si arriva dopo qualche passo all’area centrale dell’Aosta romana: il Foro.
Nascosto tra piazza della Cattedrale e piazza Caveri, era un tempo il centro della vita politica, economica, religiosa e sociale. Diviso in un’area sacra con due templi e circondata dal criptoportico, il misterioso portico sotterraneo la cui funzione è ancora oggi incerta, e la platea, la grande piazza del mercato, rimane uno dei luoghi principali anche dopo la fine dell’Impero Romano.

È proprio in una delle domus costruite lungo il suo perimetro esterno che i cristiani iniziano a riunirsi per celebrare il loro culto religioso. Non a caso sarà proprio sopra questa stessa domus che verrà realizzata la Cattedrale. Se si scende nei sotterranei dell’attuale chiesa sono ancora visibili i resti degli edifici più antichi e la chiesa stessa è costruita riadattando alcuni vani dell’antica abitazione.

Con la cristianizzazione del territorio si moltiplicano i luoghi di culto, oltre alla cattedrale da ricordare le chiese di San Lorenzo e Sant’Orso, fuori le mura a est, Santo Stefano a nord e la chiesetta fuori porta decumana a ovest.

Nel corso dei secoli l’edificio della cattedrale conosce numerose modifiche e cambiamenti, fino a giungere all’Ottocento che ci regala la facciata che ammiriamo anche oggi.

Passeggiando per Aosta si riesce ancora a respirare quell’aria così antica che solo una città che ha così tanta storia da raccontare ci può regalare.

Per approfondire:

AA.VV., MAR Museo Archeologico Regionale. Guida Contesti Temi, Musumeci Editore, Aosta, 2014

AA.VV., Il Teatro Romano di Aosta, Collana Cadran Solaire, Aosta, 2012

AA.VV., La cattedrale di Aosta I, Collana Cadran Solaire, Aosta, 2007

AA.VV., La cattedrale di Aosta II, Collana Cadran Solaire, Aosta, 2007

Cerutti A. V., Le Pays de la Doire et son peuple, Musumeci Editeur, Aoste, 1995

Corni F., Aosta romana. Aosta ville romaine, Litograf srl, Rosta (TO), 2014

Janin E., Le Val d’Aoste. Tradition et renouveau, Musumeci Editeur, Aoste, 1976

Zanotto A., Histoire de la Vallée d’Aoste, Musumeci Editeur, Aosta, 1980

Di Preistoria e altre Storie

Di Preistoria e altre Storie

Oggi voglio portarvi con me a fare un viaggio un po’ diverso.

Voglio raccontarvi un luogo che non è solo un museo. È un luogo in cui si respira il nostro passato, che conserva le tracce di un tempo lontano che però vive ancora.

Se fate silenzio potrete sentire le pietre che parlano e raccontano la loro storia.

E allora chiudete gli occhi e immaginate la bellezza di un quartiere della città con tracce di arature sacre del V millennio a. C., pozzi del 4200 a. C. circa (realizzati anch’essi a scopi rituali) all’interno dei quali sono stati trovati macine e macinelli e semi, buchi di pali allineati e stele antropomorfe che continuano la linea dei pali datati tra 2900 e 2500 a. C.

Su queste stele sono persino rimaste tracce della presenza del colore e sono decorate, incise, con collane, vesti e armi. Non si sa chi siano, forse eroi o divinità o ancora capi o re. Non importa, rimangono lì, impassibili, a vegliare su ciò che siamo stati.

Dopo le stele, tombe realizzate tra il 2500 e il 1600 a. C. E poi necropoli prediale romana con corredo e tutto il resto, accanto a elementi insediativi, tra cui un edificio rustico.

E poi ancora tombe tardoantiche e poi medievali, accanto a una permanenza agricola dell’area.

E poi, legata al cimitero, la chiesa che riprende dunque quella funzione sacra che aveva all’origine, nel Neolitico, nel V millennio a. C., funzione che ha tutt’ora perché la chiesa, seppur ricostruita nel XVII secolo c’è ancora con la torre romanica, testimone del suo passato.

La chiesa che ancora oggi è utilizzata, a fianco di quella più moderna e sede parrocchiale.

Ecco, immaginate un luogo come questo che in seimila anni di storia non ha mai smesso di vivere, di respirare, di mantenere quel suo carattere di luogo sacro, di rispetto.

Pensate a quanta storia hanno visto passare queste pietre.

Non è meraviglioso? Non è incredibile?

Una villa fuori città

Una villa fuori città

C’è stato un tempo in cui la città di Aosta non esisteva. Augusto non era ancora giunto a fondare Augusta Praetoria.

Eppure, i Romani ci hanno lasciato alcune tracce che risalgono a questo tempo. Alcune di queste le troviamo anche ad Aosta. Quando ancora Aosta non c’era.

Se passeggiate per la città odierna e percorrete l’antico Decumano questo vi condurrà alla Porta Pretoria. Oltrepassatela, uscite dall’antica città. Girate a sinistra e seguite la strada, attraversate la strada statale, tenete la sinistra e giungerete in un luogo poco noto.

La Villa romana della Consolata. Così chiamata perché è stata scavata tra gli anni ’70 e ’80 nella zona collinare della città che si chiama proprio Regione Consolata.

Questa villa risale al I sec. a. C. ed è ascrivibile all’età repubblicana (prima di Augusto, dell’impero e di Aosta), come dimostrato dall’opus reticolatum ancora ben visibile sulle murature del calidarium dell’impianto termale interno alla villa.

Questo è un dato importante perché dimostra che esistevano stretti legami tra i Romani e la popolazione locale (i Salassi) prima della fondazione della città e questo permette di sfatare quel mito che vede i Romani arrivare in Valle distruggendo e devastando senza alcun riguardo per la popolazione presente sul territorio.

Si tratta di una villa rustica, quindi alla funzione abitativa si affianca quella agricola, legata ad un podere circostante.

A pianta quadrangolare, intorno all’atrio centrale provvisto di impluvium per la raccolta dell’acqua piovana si dispongono gli ambienti dell’area abitativa: il tablinum, la sala di rappresentanza, il triclinium, la sala da pranzo dove il dominus e i suoi ospiti mangiavano comodamente sdraiati sui triclini, i cubicula, le camere da letto, gli horrea, i magazzini e la culina, la cucina che per cuocere i cibi sfruttava il praefurnio delle terme.

Già, perché questa ricca villa aveva anche un impianto termale privato, come accennato, compreso di frigidarium, tepidarium e calidarium.

La ricchezza dell’edificio, la cui complessiva grandezza possiamo solo immaginare, si nota anche dai pavimenti mosaicati del tablinum e del triclinium.

Decorazioni geometriche, semplici, ma segno di ricchezza: la decorazione a mosaico non era per tutti nell’antica Roma.

È davvero un pezzo di storia meraviglioso, una delle tante ville romane sparse nel suburbio di Aosta, tra le quali però è la meglio conservata. Presenta una particolarità rispetto alle altre case ad atrio romane: il tablinum, la sala principale, è l’unica a non essere accessibile dall’atrio.

Vorrei chiudere questa storia con una speranza: che questa villa meravigliosa possa avere la valorizzazione e il riconoscimento che merita.

Se potete, andate a visitarla.

Per approfondire:

AA.VV., MAR Museo Archeologico Regionale. Guida Contesti Temi, Musumeci Editore, Aosta, 2014

Preistoria ad alta quota

Preistoria ad alta quota

Quando si entra in Valle d’Aosta si viene accolti dalle meravigliose montagne. Un abbraccio protettivo quando si ritorna a casa, un abbraccio di accoglienza per chi entra per la prima volta.

Le montagne, meravigliose e affascinanti quanto crudeli se non si sa come affrontarle, se non se ne ha rispetto.

La loro vetta fu meta antica, molto più antica di quel che si pensa. Insediamenti di altura, anche oltre i 2000 metri, sono noti fin dalla Preistoria.

Ed è proprio in uno di questi che vi porta questa storia.

Ci troviamo in una delle valli laterali di questa montuosa regione. Seguendo il torrente Marmore si sale, si sale, si prosegue fino a un paese che si chiama La Magdeleine.

Bisogna proseguire, andare ancora più su, superare il bosco e si arriva ai piedi di una montagna.

Il Mont Tantané.

Quassù a circa 2440m di altezza nel 1970 è stato scoperto un sito protostorico (II Età del Ferro).

Ed eccoli, i segni di quelle che un tempo erano capanne costruite a secco. Venticinque capanne adiacenti e circa dieci metri più in basso, su un terrazzamento, un’altra trentina di capanne, testimoni di un tempo lontano a ricordarci di chi ha amato e vissuto queste montagne molto prima di noi.

Riusciamo quasi ad immaginarli, questi nostri antenati, mentre si stringono intorno al fuoco a riscaldarsi nelle giornate ventose o nelle notti di luna piena.

Oltre ai resti delle capanne anche oggetti di vita quotidiana, in ceramica e in metallo, sono stati portati alla luce e ci raccontano di cosa dovesse significare vivere in quel tempo così lontano e difficile.

Ancora una volta le fotografie materiali del tempo che fu ci permettono di ricostruire una storia speciale: la nostra Storia.

Per approfondire:

Mezzena F., Habitat protohistorique au Mont-Tantané, in Bollettino della Soprintendenza per i Beni e le Attività culturali, n 1, Aosta, 2005